Essere o non essere un artista è uno stato mentale libero dal giudizio altrui. Dipende da me e dal semplice atto di produrre opere uniche che hanno la caratteristica di saper ripetere parte delle emozioni che hanno contribuito a generarle. Estendendo il concetto siamo tutti artisti quindi, ed ognuno nel proprio modo d’esprimersi, basta convincersene.
Recentemente mi sono reso consapevole del fatto che le mie opere nascono inevitabilmente dalle mie esperienze presenti e passate. Non può che essere così, in barba a tutti quelli che si nascondono dietro il determinismo genetico. Certo l’avere una vista più acuta o un udito più fine avrebbe potuto determinare esperienze di maggior impatto sulla mia persona, ma di certo meno sulla mia arte di mezzo litro di buona birra.
Tutte le mie esperienze, alcune purtroppo castranti in senso artistico altre stimolanti, derivano dai comportamenti che ho messo in essere e che hanno intagliato le mie capacità su cui poggiano i miei valori i quali sostengono la mia cangiante identità.
L’ispirazione artistica percorre lo stesso cammino. Una canzone o un’immagine toccando i miei sensi, stimola i miei comportamenti e, tramite le mie capacità di interpretazione e creative, confermano o modificano i miei valori cambiando, magari anche solo impercettibilmente, chi sono.
A questo punto alzo lo sguardo verso la mia spiritualità, verso l’ideale del chi sono e del perché o per chi vivo. Si sintetizza lì la mia immagine artistica dell’originaria esperienza, ma sono ancora a metà del percorso.
La spiritualità perfetta della mia arte attraversando la mia identità di quel momento viene filtrata e si nutrirà dei valori interpretandoli, confermandoli o abbattendoli.
Le mie puerili capacità artistiche, quali il dipingere o l’esprimersi in versi tenteranno in vano di emulare lo spirito che le aveva rese pure e perfette.
Di li adotto i meri comportamenti del dipingere e dello scrivere versi in un dato luogo, in un certo tempo e con una frequenza più o meno intensa.
Quindi la mia arte spirituale diviene un riflesso, come una foto sviluppata non sempre ad arte ed impressa su supporti non del tutto adatti.
Potrei allora “regolare” meglio le mie “regole” e valori, migliorare le mie capacità e allineare i miei comportamenti in modo che il fluire dallo spirito all’opera materiale siano meno deviati….. E poi però compare la magia.
Il tratto sghembo e scoordinato, il colore impastato non ad arte, il neologismo improprio, trovano da soli un posto nelle mie opere. Non succede spesso, ma quando capita ho la sensazione di non essere morto e di non vivere invano.